Marco amico
mio
(di Mauro
Aurigi)
in foto:
Marco Ronghi
sullo
stallone
murgese
Trovatore
Una notte
d'estate del
1986 a Bari,
cappellacio
da buttero
in testa,
abbigliamento
al solito un
po'
ciondolante,
stivali e
pantaloni di
pelle, Marco
Roghi entra
a piedi nel
grande
rettangolo
illuminato.
Lo segue
passo passo,
completamente
sellato ma
libero,
Trovatore
stallone
murgese di
tre anni e
sei
quintali,
dalla lucida
livrea nera
che splende
sotto i
riflettori.
Il brusio
della fiera
cessa di
colpo. Marco
ferma il suo
passo
dinoccolato
e un po'
strascicato
in mezzo
all'arena e
Trovatore va
a sbattergli
leggermente
le froge tra
le scapole.
Marco si
gira, tocca
la groppa
del cavallo
che si
accoscia a
terra, e
quindi,
raccolte le
redini,
monta.
Trovatore si
alza e
seguono 20
minuti di
virtuosismi
da scuola,
tra gli
applausi
della gente.
Io ero
rimasto a
bocca aperta
per la
sorpresa.
Era il primo
esemplare di
una razza
bellissima
ma allevata
solo per la
carne,
sottratto al
macello ed
esibito in
una
manifestazione
ufficiale.
Mi ero
incontrato
con Marco la
prima volta
in un
ristorante
di Siena nel
1979.
Abitavo a
Firenze
allora, e
avevo un
problema:
salvare dal
coltellaccio
dello
squartatore
e
dall'inevitabile
estinzione
l'unica
razza
italiana
sopravvissuta
in purezza.
Un amico mi
aveva detto
che Marco
era quello
che faceva
al caso mio.
Ci
intendemmo
subito. "E
si fa, eh"
disse
disinvolto e
laconico,
disinteressatamente.
Questo era
Marco.
Andammo
insieme a
Martina
Franca in
Puglia a
vedere. Sei
mesi dopo
cominciai
l'allevamento
brado in un
bosco del
Chianti
accidentato
come pochi
altri. Me ne
capitarono
di tutte:
puledri nati
a 12° sotto
zero in
mezzo alla
neve e
raccolti
mezzo
assiderati,
la fattrice
rimasta tre
giorni in
fondo a un
burrone,
l'altra
trovata con
un profondo
squarcio
nella
coscia,
un'altra
ancora che
va a
infilarsi un
pezzo di
ferro nello
zoccolo e lo
stallone
che,
ferendosi,
sfonda il
recinto,
lascia le
sue giumente
e s'imbranca
per una
settimana,
prima di
ritrovarlo,
con tre
cavalle
girovaghe
arrivate
chissà da
dove. Marco
c'era
sempre. Non
so come
facesse ad
accontentare
tutti, ma lo
faceva. Mi
ricordo come
mi si
allargasse
il cuore
quando,
accanto ad
un animale
accasciato
in un bosco
sperduto,
magari di
notte,
magari sotto
la neve,
vedevo
apparire i
fari del suo
fuoristrada.
Questo era
Marco.
Quando
arrivò
direttamente
dalla Murgia
Trovatore,
puledro
selvaggio di
trenta mesi,
mi disse:
"Questo te
lo domo io,
me lo porto
a
Follonica".
Dopo un mese
erano già un
binomio
inscindibile
e famoso,
presenti in
tutte le
occasioni
tra Massa e
il mare fino
a Grosseto.
Al terzo
mese fu la
volta della
dura
performance
Follonica-Siena
dove i due
furono
quelli che
arrivarono
in migliori
condizioni.
Fu allora
che gli
dissi: "Stai
sulle spese
con quel
cavallo,
ridammelo
che da me
sta brado e
non mi costa
niente".
"No, mi
rispose, tra
tre mesi c'è
Hyppos a
Bari, si va
tutti laggiù
e gli si fa
vedé che è
un murgese
se passa di
Maremma".
Ero un po'
preoccupato,
mi sembrava
un po' una
spacconata
esibire uno
maschio
intero di
tre anni con
solo sei
mesi di
addestramento.
Anche a Bari
ci volle del
bello e del
buono per
convincere
l'organizzazione
a inserire
Trovatore
nello
spettacolo
serale. Ma
siete
sicuri?, ci
dicevano, un
murgese in
equitazione
di scuola
non si è mai
visto. Marco
l'aveva
tenuto
nascosto
anche a me
cosa era
riuscito a
fare in quei
sei mesi. Ti
volevo fare
una
sorpresa, mi
disse dopo,
un premio
per come ti
sei battuto
per questa
razza. Se
aveva voluto
sorprendermi
c'era
riuscito.
Questo era
Marco. E'
anche merito
suo se oggi,
dopo poco
più di
vent'anni la
razza non
corre più il
rischio
dell'estinzione,
anzi è tra
le più
apprezzate
in Italia, e
se Quillo,
un
discendente
di
Trovatore,
probabilmente
unico
cavallo
italiano
assurto in
Europa ha
tanto onore,
è nel
maneggio
reale di
Stoccolma.
Questo era
Marco. Non
ho mai
conosciuto
un uomo di
cavalli
completo
come lui.
Era
allevatore,
domatore,
addestratore,
cavaliere
raffinato,
cavaliere
sportivo. Ed
anche
maniscalco.
Ed anche
veterinario,
grande
veterinario.
Ma
soprattutto
era un uomo,
ed un uomo
di tempra
speciale, di
quelli che
si sono
fatti da
soli.
Franco,
diretto,
esplicito e
spesso duro
e spietato
nei giudizi.
Ma quante
volte ho
dovuto
ringraziare,
dopo, quella
spietatezza
che pure mi
mandava in
bestia.
Aveva
cominciato
presto,
ancora
adolescente,
a lavorare
negli
allevamenti
maremmani
insieme ai
butteri, per
passione ed
anche per
bisogno. Ne
ha fatta di
gavetta
prima di
arrivare.
Aveva una
volontà
grintosa
fuori misura
(come
altrimenti
avrebbe
potuto
resistere
così a lungo
e così bene
nel mondo
pieno di
agguati e
imboscate
del Palio?).
Arrivò fino
alla laurea
e poi alla
notorietà,
ambedue
guadagnate
sul campo. E
non è un
modo di
dire, perché
prima di
mettere su
la clinica a
Follonica,
ne aveva una
ambulante,
rimorchiata
dal
fuoristrada:
operava sul
posto, nel
padule o
nella
macchia, a
cielo
aperto.
Questo era
Marco. E
invece no,
invece era
molto di
più, era uno
dal cuore
grande, era
schietto
nell'amicizia,
era un
conversatore
brillante,
d'una
simpatia
naturale,
spontanea
tutta
toscana,
anzi
maremmana,
anzi da
maremmanaccio.
Cantava
anche, era
stato un
maggiaiolo
appassionato
e ne aveva
nostalgia.
Oh sì, come
mi accorgo
ora che mi
mancheranno
le serate di
tanti anni
fa, intorno
a un fiasco
di vino e
pane e
buristo,
qualche
volta al
lume di
candela,
qualche
altra
intorno al
fuoco o
davanti a un
caminetto.
Perché da
tempo gli
incontri si
erano ormai
diradati,
un'allergia
mi aveva
fatto
rinunciare
ai cavalli,
mentre lui
era sempre
più
impegnato
col Comune
nel Palio. E
sì che
abitiamo a
un tiro di
schioppo,
lui nel
Comune di
Monteriggioni,
io in quello
di Siena.
Lo sai
Marco?, il
primo
insensato
pensiero che
mi è venuto
in mente,
quando una
locandina di
giornale
intravista
dal
finestrino
dell'auto mi
ha
squarciato
brutalmente
il cervello,
è stato: "Da
quanto tempo
non ci siamo
più visti?
cinque mesi,
sei, un
anno?".
Insieme a
Anna mi sono
precipitato
al Mandorlo,
ma
vigliaccamente
siamo
tornati
indietro,
non ce
l'abbiamo
fatta. Ho
preferito
aspettarti
il giorno
dopo al
Laterino.
Che brutto
modo quello
di
incontrarci
di nuovo.
Questa
proprio non
ce la dovevi
fare. Hai
fatto
piangere un
sacco di
gente,
Marco. Sono
vecchio,
Marco, e ne
ho visti di
funerali, ma
mai ho visto
così tanti
piangere
così tanto,
uomini e
donne
indiscriminatamente.
Hai lasciato
un grosso
vuoto,
Marco. Il
mondo in cui
ti muovevi
non sarà mai
più lo
stesso senza
di te. Ciao,
Marco, amico
mio
..